Le osservavo proprio ieri.
Dritte come fusi, in perfetto equilibrio su due lunghe gambe. Difficili da spezzare, proprio come il bambù di cui, solitamente, sono fatte.
Torno da loro quando il tempo della quotidianità si fa più stringato e nervoso; quando sento il bisogno di rallentare, di scandire ogni singolo gesto, fare qualche passo indietro, fermarmi e poi ripartire.
Mi pare quasi assurdo, nel vederle così sottili, riconoscervi tanta forza. Eppure, riescono in un’impresa non banale, ossia farmi mangiare, masticando con pacatezza, molta pacatezza.
Lo definisco il “mio esercizio zen”.
Anni fa, avevo letto di una tecnica associata alla mindfulness, quella del “Chicco d’uva”. Tuttora, la si utilizza per porre attenzione ai dettagli e alle sensazioni dell’attimo presente, per vivere una profonda esperienza con il cibo — consapevole, piena, coinvolgente — anziché ridurre i pasti ad azioni automatiche e distratte.
E così, uno sguardo rivolto a un oggetto si è trasformato in un viaggio che, idealmente, mi ha concesso una pausa, silenziando le notizie poco confortanti di questi giorni.
La loro semplicità incuriosisce e inganna.
Molti, in Occidente, amano collezionarle.
Il termine con cui le identifichiamo – bacchette – è piuttosto riduttivo se consideriamo la loro millenaria eredità culturale: dalla ricca simbologia al ruolo che hanno svolto, e che continuano a svolgere, nel tessuto sociale cinese e nel resto dei Paesi asiatici.
Da piccoli bastoncini di legno si sono evolute in estensioni di mani che, al contrario di quanto ho appena scritto, inducono gli asiatici a mangiare più velocemente.
Rimango sempre incantata nel vedere gli amici cinesi avvicinare la ciotola alla bocca e aspirare il cibo con una facilità fulminea. Non un chicco di riso per terra.
Me ne stupisco ancora.
La mia reazione, invece, è opposta. Vivo il solo pensiero di dover prima sminuzzare il cibo e subito dopo disporlo nel piatto o nella ciotola, senza ricorrere a forchette o ad altre posate, come un atto distensivo, propedeutico al pasto stesso. Afferrare piccoli bocconi e portarli con calma alla bocca richiede un tempo diverso, che non viene sprecato e riacquista valore.
Le kuàizi — bacchette — sono un ponte tra uomo e cibo. Saperle usare non è solo questione di abilità manuale, bensì di una postura interiore (oltre che fisica!).
Ma chi le ha inventate?
Si racconta che la nascita delle bacchette risalga probabilmente all’epoca di Da Yu (大禹, Dà Yǔ), noto anche come Yu il Grande, il fondatore della dinastia Xia*. In quei tempi remoti, non esistevano ancora posate né utensili: si mangiava con le mani. Tuttavia, poiché il cibo veniva spesso cucinato e servito bollente, si era costretti ad attendere a lungo prima di poterlo consumare. Secondo la leggenda, Yu il Grande, troppo impegnato per potersi permettere di aspettare, un giorno afferrò due rami per prendere il cibo caldo. Quel gesto istintivo avrebbe segnato l’inizio della storia delle bacchette.
L’epoca della bacchetta singola
Le bacchette, in origine, non nacquero in coppia. Le prime tracce risalgono al periodo Shang*, quando si utilizzava un solo bastoncino, chiamato “箸” (zhù), realizzato in legno o osso. Questo veniva impiegato per infilzare i cibi arrostiti o per estrarre pezzi di carne dai calderoni bollenti, mentre era ancora consuetudine mangiare con le mani, ritenute più pratiche e immediate.
Fu nel passaggio tra le dinastie Shang* e Zhou*, che si registrò un cambiamento decisivo: alla bacchetta singola zhù se ne affiancò una seconda, dando origine all’uso che conosciamo oggi.
Un po’ di scaramanzia tra zhu e kuaizi
Nella seconda metà della dinastia Ming*, una sorta di tabù linguistico costringeva a evitare alcuni tipi di parole che avrebbero suggerito significati infausti. Una consuetudine molto sentita nella società tradizionale cinese.
In particolar modo, tra i pescatori e la popolazione della Cina meridionale — esisteva una forte avversione verso qualsiasi parola che potesse richiamare un evento sfortunato o non propiziatorio. Per i primi, la preoccupazione più grande era che la loro barca potesse arenarsi. Pertanto, avevano bandito dal loro vocabolario termini evocanti immobilità e stagnazione.
La parola zhù (箸) è omofona di zhù (住), che significa “fermarsi” o “restare”. Pronunciarla avrebbe attirato sfortuna, e quindi fu rimossa.
Al suo posto, si cominciò gradualmente a usare un termine considerato più “sicuro”: kuàizi (筷子), privo di accostamenti negativi.
kuàizi 筷子 in dettaglio:
Il radicale ⺮ (竹) in cima significa “bambù”, materiale tradizionale con cui erano fatte le bacchette.
La parte inferiore 快 (kuài) significa “veloce”, “rapido”.
Il suffisso 子 (zi) è un suffisso nominale comune in cinese che rende il termine un sostantivo.
Curiosità
➤ Le bacchette sono formate da due estremi, che rappresentano lo yin e lo yang; Una parte quadrata, l’altra tondeggiante, a rappresentare il Cielo e la Terra. Rammentano il principio della “Via di mezzo o della “moderazione”.
➤ La lunghezza delle bacchette è di” 七寸六分qī cùn liù fēn”, 25cm circa. Non si tratta di un numero casuale.
七 qī, sette, corrisponde infatti alle “sette emozioni”: gioia, rabbia, tristezza, felicità, amore, odio, desiderio);
六liù, sei, indica i “sei desideri” legati ai sensi: vista, udito, olfatto, gusto, tatto, mente. Rappresentano la complessità della natura umana. Suggeriscono che dovremmo controllare i nostri impulsi e assaporare il cibo con maggiore consapevolezza.
➤ Quando si impugna una bacchetta, lo si fa con cinque dita, corrispondenti ai cinque elementi: legno, fuoco, terra, metallo, acqua. L’Universo fluisce anche quando si mangia!
Le Bacchette Nella Vita Quotidiana
Le bacchette occupano un posto di rilievo anche nelle cerimonie ufficiali. Durante i banchetti formali, possono essere realizzate in materiali pregiati come l’oro o l’argento, ed essere impiegate con particolare solennità, a sottolineare il valore dell’occasione. Nella quotidianità, invece, esse diventano simbolo di condivisione: in molte famiglie cinesi, il gesto di prendere il cibo con le bacchette e condividerlo a tavola rappresenta un momento di socialità profonda, un legame intimo tra i commensali.
Le Bacchette e la Pratica del Gōngyòng kuàizi (公用筷子)
Un aspetto particolarmente significativo legato all’uso delle bacchette è l’impiego delle gōngyòng kuàizi (公用筷子), ovvero le “bacchette comuni” o da “servizio”. Utilizzate in famiglia, nei ristoranti e durante i pasti condivisi, esse aiutano a prelevare il cibo dai piatti comuni, evitando il contatto diretto con quelle personali. Si tratta di una pratica che coniuga igiene e buone maniere, espressione di rispetto verso gli altri. In un’epoca in cui l’attenzione alla salute e alla sicurezza alimentare è sempre più centrale, le gōngyòng kuàizi si sono affermate come una consuetudine fortemente apprezzata
.Le Bacchette Cinesi simbolo globale della cultura cinese
Sebbene il loro utilizzo principale sia legato al consumo del cibo, le bacchette sono diventate anche un efficace strumento commerciale: non è raro trovarvi stampato il logo di aziende, ristoranti o altre attività. Il turismo gastronomico le ha trasformate in veri e propri simboli di un’esperienza culinaria autentica, al punto da renderle oggetti da collezione o souvenir, spesso proposti in set raffinati.
La globalizzazione ha ulteriormente favorito la diffusione delle bacchette ben oltre i confini asiatici. Oggi, ristoranti cinesi e asiatici in tutto il mondo le offrono ai propri clienti, talvolta accompagnandole con semplici istruzioni d’uso, contribuendo così a far conoscere un gesto profondamente radicato nella cultura orientale.
Inoltre, per rispondere alla crescente domanda di prodotti sostenibili, sempre più aziende producono bacchette ecologiche o biodegradabili, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei consumatori. Una scelta che riflette un grande cambiamento, in cui anche gli oggetti quotidiani diventano espressione di responsabilità civile.
Non tutte le bacchette sono monouso, quelle riutilizzabili sono generalmente costituite da materiali resistenti come legno pregiato, bambù e acciaio inox.
Come lavarle?
Alcune accortezze
➤ Le bacchette non devono essere mai posizionate verticalmente al centro della ciotola, perché ricordano gli incensi offerti ai defunti. Viene considerato un gesto di cattivo auspicio tra i commensali.
➤ Non si devono mai battere le bacchette sulla ciotola: un gesto che in passato era tipico dei mendicanti e che oggi è ritenuto ineducato.
➤ Il cibo può essere preso dal piatto di portata solo dopo aver riflettuto attentamente su ciò che si desidera mangiare. Un gesto che, decisamente, previene malumori a tavola.
Questa mattina, ho continuato a osservarle e so che il mio viaggio con loro non si ferma qui. Le mie bacchette hanno ancora tanto da narrare.
*Per le date, consultare il sito: https://museocineseparma.org
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